l
vento era calato improvvisamente. Non potendo levare le ancore, preoccupata
per l’inquietudine della ciurma, mi risolsi a scendere a terra
per rifornire la cambusa.
Long Reb, soprattutto, dava segni
di squilibrio, e il suo perrocchetto anche: invece di ripetere il suo
solito, confortante ritornello: Polly wants a cracker 1,
compitava stentamente Coma vigile! Coma vigile! 2 Gin
O’Taja, il nostromo irlandese, era sul cassero di prua a tatuarsi
una natica con un coltellaccio. Gollio la Spugna, ultimo acquisto dell’Enigma,
giaceva sbronzo in cuccetta.
L’approdo
fu estremamente difficoltoso per le condizioni in cui versava Gollio.
Tuttavia riuscimmo, Dio sa come, ad arrivare al discount dell’Isla
Bonita 3. Mi è sempre piaciuto
girare tra tutta quella merce in esposizione. Long Reb si era già infilato
una confezione tripla di profilattici alla meringa sotto la camicia a
jabot (un vezzo che non avrebbe abbandonato mai, nemmeno quando lo impiccarono
a Port au Prince nel 1651), Gollio beveva del Niagara alla frutta tra
le corsie e Gin spingeva il carrello di malavoglia. Tra le turiste ciabattanti
scorsi un giovine di discreta fattura, senza tattoo né orecchini,
con un vistoso quanto insolito pareo a quadretti, che credendosi inosservato
s’infilava nello stesso una bomboletta di Baygon 4.
Un simile pacco non poteva sfuggire ad Anne Bonney: ordinai seccamente
a Gin di fare quel che doveva, e il giovine quadrettato si ritrovò nel
carrello sotto una tonnellata di piselli in scatola e deodorante alla
magnolia acquistati da Long Reb insieme a 500 litri di Actimel all’aragosta
(Reb solitamente rovesciava in mare tutto lo yogurt e collezionava -
anzi collazionava - le bottigliette, come mi spiegò Gin prima
che venisse marooned per ammutinamento nel 1647).
Quando rinvenne, il giovine era già a
bordo dell’Enigma. Venne legato al bompresso e frustato affinché non
si mettesse strane idee in testa.
Poi, dopo che il sole delle due ebbe
prosciugato ogni velleità di rivolta, mi accinsi ad insegnargli
i primi rudimenti della navigazione.
“Vediamo come te la cavi al
timone” gli dissi. Lui afferrò la barra e cominciò a
smanettare a destra e a sinistra.
“Calma, ragazzo!” lo
rimproverai bonariamente.
Gli presi la barra e gli fornii una rapida dimostrazione
delle tecniche essenziali. Dopo un paio d’ore gli concessi di stendersi
in cuccetta, prima che Long Reb lo chiamasse in cambusa.
Anne Bonney
* * *
dal Diario di Bordo dell’Enigma
e
urla di quel giovine giungevano fin sottocoperta, dove Gin O’Taja
mi intratteneva facendo danzare il suo ultimo tatuaggio, ancora fresco
di coltellaccio e dannatamente sanguinolento. Per accompagnare il ballo
cantava sguaiato il suo cavallo di battaglia: “solo nostromo
ha la sua flotta, e quel nostromo sono io! Così il mio tonno,
sono sicuro, è proprio come dico io!”, mentre Gollio
la Spugna batteva le mani a tempo, ridendo sgangheratamente. Rapita dallo
spettacolo stavo per intimare a Gollio di lasciarmi sola con Gin per
poter ammirare più da vicino le antenne del ciripacchio 5,
quando vidi arrivare l’imberbe barcollante, visibilmente provato
dalla furia di Anne. Si lasciò cadere senza una parola su una
cuccetta, ma sbattè la testa sul bordo e perse i sensi. Gollio,
l’unico con qualche rudimento in medicina poiché prima di
imbarcarsi aveva fatto partorire tutte le scrofe dei McKenzie, sapeva
che per farlo rinvenire avrebbe dovuto versargli nel gargarozzo una bottiglietta
di rhum. Ma non era abbastanza sbronzo da arrivare a tanto, e rapido
come un falconetto sottrasse una dozzina di Actimel all’aragosta
dalla cambusa ed usò quelli.
Non
sarebbero serviti a molto, ma almeno il povero giovinetto non avrebbe
avuto problemi di stitichezza per un bel po’.
Quello che non avevamo previsto,
però, fu l’effetto immediato di tutta quell’aragosta
trangugiata a forza dal misterioso giovine. Il pareo quadrettato si sollevò come
animato di vita propria, ma non era colpa della bomboletta di Baygon.
Io non riuscivo a distogliere lo sguardo da quella meraviglia della natura,
come quando incrociammo un calamaro gigante al largo delle coste norvegesi.
Con un cenno ordinai a Gin e Gollio di uscire e loro obbedirono bofonchiando.
Nel frattempo Long Reb, messo in allarme dai rumori
di poco prima provenienti dalla cambusa, sospettò immediatamente
dell’ultimo arrivato - che in effetti aveva una faccia poco raccomandabile
- e cominciò a sbraitare in dialetto ruvish, urlandogli di scendere
a vedersela con la sua gamba di faggio. Il giovine mozzo, ancora stordito,
fece per alzarsi dalla cuccetta ma io gli legai i polsi con una gassa
d’amante doppia - un velocissimo movimento ormai meccanico - e
feci un fischio ad Anne tenendolo a bada con una forcina per capelli.
Anne riconobbe subito il segnale e lasciò immediatamente il vassoio
di gamberetti che amava sgranocchiarsi dopo ogni seduta alla barra. Con
un altro fischio sapientemente modulato le ricordai di portare giù la
salsa worchester. Non si fece attendere. Come sempre, d’altronde.
Mary Read
* * *
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