STORIA DEL
REBUS
È certamente difficile condensare in poche righe
la storia del rebus: si tratta di un argomento complesso per il quale
sono stati scritti vari testi, a cominciare da "Il Libro
dei Rebus" di Franco Bosio, Edizioni Garzanti / Vallardi,
Ottobre 1993.
Lo stesso nome "rebus"... è di
per se un rebus! All'etimologia corrente di derivazione latina "con
le cose" si affiancano altre ipotesi, a partire da libelli
satirici secenteschi diffusi in Francia e denominati "De
rebus quae geruntur" oppure da altri etimi francesi e tedeschi
come "rébous/rebours" o "rib/hr iba".
Ma un viaggio nella storia del rebus porta a frontiere
assai più lontane dell'Europa. Ad esempio gli antichi Egizi
facevano rebus? No, quando per rappresentare il mare disegnavano
il mare (questa è pittografia, non rebus!), sì quando
invece il Re Narmer si firmava con un disegno costituito
da un pesce (nar) e da uno scalpello (mer). Questo
accadeva nel 3000 a.C. ma qualche millennio dopo la tradizione rebussistica
non si era certo persa: Cicerone, Cesare, gli architetti Sauro e
Batraco rappresentano ulteriori esempi.
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Leonardo da Vinci: IN fel(i)ce,
setaccio, perla more = Infelice se taccio per l'amore.
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Il Medioevo ci tramanda molte realizzazioni rebussistiche
negli stemmi: gli Alibrandi, i Canossa e tante altre casate adoperavano
il rebus per trasmettere quello che oggi chiameremmo il loro "logo".
Ma bisogna arrivare alla fine del Medioevo per incontrare un grande
rebussista: Leonardo da Vinci. Un colle ("col") e dei pifferi
("piferi") è quanto basta a Leonardo per rappresentare
dei "colpi feri". Numerose anche le "cifre figurate" (così chiamava
i rebus) con le note musicali che a tuttoggi restano largamente usate
nei rebus, soprattutto nelle pubblicazioni enigmistiche in edicola
(esiste infatti oggi un'altra enigmistica cosiddetta "classica" che
non si avvale del canale della vendita in edicola, ma è solo
per abbonati) .
E dopo Leonardo da Vinci? Fino al XVIII secolo furono
gli artisti (Colonna, Baiardo, Palatino, Della Porta, Carracci, della
Bella, Mitelli) a dilettarsi di rebus, spesso costituiti da frasi
lunghissime con una decisa prevalenza di lettere rispetto alle immagini
e molti contorcimenti interpretativi (e questo avveniva non solo
in Italia ma anche in altri paesi, con le varianti locali: ad esempio
in Inghilterra fiorivano i rebus fonetici tali cioè da sfruttare
le caratteristiche di pronuncia dell'inglese).
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Doveva giungere il secolo
XIX per imboccare una strada di modernità: naturalmente una
modernità che visto con i nostri occhi di oggi appare ancora
primitiva (tutto è relativo), ma già connotata da indizi
inequivocabili di rinnovamento: la scelta degli pseudonimi degli
autori, lo stabilire alcuni criteri di base nell'illustrazione e
nella tecnica così da consentire un'equa competizione con
lo "spiegatore" (così si chiamava allora il solutore),
il fiorire di riviste enigmistiche specializzate assieme alla pubblicazione
di giochi su giornali e almanacchi di ogni genere.
E dopo il tempo dei Nini,
Redenti, Galeazzi e degli autori dallo pseudonimo di Dalsani, Fra
Paletta, Dedalo si passa al XX secolo e ai giorni nostri : un anteguerra
caratterizzato dall'affermarsi di autori come Zaleuco, Ezechiello
e Pisel, Artù/Nembrod e Favolino, nonchè dallo sbarco
in Italia dei cruciverba destinati a fare da traino alla diffusione
dell'enigmistica popolare in Italia, e un dopoguerra che ha avuto
come indiscusso protagonista Briga, autentico padre del rebus contemporaneo
sia nella teorizzazione dei punti cardine della tecnica rebussistica
(senza per questo frenarne lo spirito artistico), sia nell'ideazione
di nuove varietà di rebus come il rebus stereoscopico.
Il rebus continua la sua marcia (purtroppo senza più Briga
-scomparso a fine 2001- a tenerlo per mano): centomila rebus sono
stati catalogati e questo rende sempre più difficile trovare
l'invenzione geniale e la novità senza ricadere nel già fatto,
eppure nuove "chiavi" continuano ad essere trovate dagli
appassionati, composte dagli autori e risolte dai solutori. |