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Nuovi orizzonti del rebus: la discussione è aperta

Il rebus nella sua lunga storia ha indubbiamente avuto varie fasi evolutive: tralasciando i tentativi pionieristici, della cui importanza nessuno dubita e che pure hanno per molto tempo costituito un obbligatorio punto di riferimento, attraverso gli anni abbiamo assistito, dopo il periodo aureo del rebus statico (tutto cose), alla definitiva consacrazione del rebus dinamico (di movimento, nella sua più ampia eccezione), dovuta sia al progressivo esaurimento delle chiavi tradizionali, sia alla naturale ricerca di nuovi orizzonti.

Anch'esso però, pur offrendo per la sua stessa natura occasioni di sfruttamento quasi infinite, ha sentito la necessità di un rinnovamento, e quindi di un suo sempre più accentuato sperimentalismo (nel senso positivo e stimolante del termine). Infatti, mentre nel rebus statico una mela sarà sempre una mela, nel rebus dinamico una stessa azione può dar luogo a molteplici chiavi, facendo ricorso a bisensi, a trasposizioni grammaticali e sintattiche e a mille altri artifici; ad esempio una medesima scena può essere interpretata con: esce, se ne va, va, va via, parte, lascia la sua dimora, lascia la casa, varca la soglia, ecc., tanto per fermarci ad un'azione banale. È chiaro che lo sperimentalismo può riguardare solamente la chiave, in quanto gli spazi di manovra entro i quali ci si può muovere in tema di frase risolutiva si pensano da tempo acquisiti dalia maggioranza degli autori (o perlomeno dai più attenti e autocritici di essi) e che rimangano un punto fermo ed indiscutibile. Uno dei problemi più stimolanti (ed insoluti) degli ultimi anni riguarda proprio il limite di guardia oltre il quale la fantasia creativa dell'autore non può spingersi. Questo limite, come pare inevitabile, diventa sempre più sfuggente, affiancandosi, per fare un ovvio esempio, alla censura cinematografica o al comune senso del pudore dalla permissività sempre più ampia ma non necessariamente in senso deleterio, in quanto i tempi cambiano e si evolvono, e ciò che ieri era proibito oggi non lo è più. Certe idee avanguardistiche coi tempo non suscitano più stupore o scalpore e vengono assimilate dalla routine. Si pensi ad esempio all'introduzione dei due punti nel ragionamento, ormai diventata normalità, senza che però ne venga sminuita la sua perdurante importanza e bellezza.

Così certi suggerimenti moraleggianti (gnome in chiave anziché in frase, come nel classico "Bagarre tra vari spettatori" o in "Chef affaccendato") hanno aperto nuove strade decisamente valide ed affascinanti seppur difficoltose.

È naturale che non ci si potesse fermare a questo solo tipo di innovazioni per cui si sono introdotte nel ragionamento delle arditezze (incisi, chiavi ottative, domande più o meno pleonastiche, inviti, suggerimenti vari, ecc.) che se da una parte esaltano

il gioco per la loro inventiva, dall'altra trovano un limite nella loro supposta arbitrarietà. Il punto chiave di questo intervento è proprio questo: non sarebbe opportuno stabilire una netta linea di demarcazione tra il lecito e l'illecito con possibilità di riesame periodico delle varie limitazioni? E non potrebbe l'A.R.I. coordinare tale operazione?

È certo che nessuno ha dimenticato la genialità creativa di un gioco come "Chiare mete salariali" (col solo limite di una frase lievemente opinabile, ma qui stiamo parlando di chiavi innovative), punto fermo della nuova frontiera. Ebbene, chi può dire che tale gioco (preso ad esempio in quanto universalmente conosciuto) sia meno o più ardito di altri, come "Sodoma e Gomorra", "Gabbiano ferito", "Metastasi glandolare", "Alfiere nonnetta"? E che dire delle perplessità suscitate leggendo certe classifiche dove giochi di tale caratura possono indistintamente trovarsi al primo o all'ultimo posto? Cosa, e quali particolari fattori contingenti, privilegiano l'uno o l'altro? È indubbio che la soggettività dei giudizi è un elemento fisiologico del giudizio stesso, in quanto legato a uomini e non a computers, ma certi canoni interpretativi dovrebbero essere sempre e da tutti rispettati.

Pertanto auspicherei a breve termine la redazione di un protocollo d'intesa con regole di giudizio basilari uguali per tutti, lasciando ovviamente un certo, ma non troppo ampio, spazio al gusto personale. In conclusione, questo scritto vuole stimolare !a discussione tra gli appassionati circa due argomenti:

Fino a che punto può giungere l'arditezza degli autori nella ricerca di chiavi e di idee nuove? (È gradito che le varie tesi vengano suffragate con esempi).

È pura utopia pensare ad un criterio di giudizio univoco, stilato con i suggerimenti di quanti più possibile addetti ai lavori, tale da essere utilizzato non solo in sede di classifica dei concorsi, ma anche per stabilire, una volta per tutte, un metro di giudizio per la semplice pubblicazione in classifica, eliminando la mai sufficientemente condonata permissività?

Sarò grato a quanti vorranno intervenire, inviandomi i loro pareri che diverranno al più presto oggetto di un'accurata disamina.

Enrico Parodi (Snoopy) (da: "La voce dell'A.R.I." - Aprile 1986)

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