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IL SONIS

Alan

alan

Da tempo, ascoltando trasmissioni radiofoniche sul gioco quali “Giocando” con Bea o, ancor prima, “La Sfinge” con Zoroastro, sentivo la necessità di un gioco che fosse proprio di quel mezzo. Un gioco che fosse comprensibile, risolvibile e che soprattutto tenesse conto delle potenzialità e dei limiti del media radio. Scartati fin da subito rebus e verbis, che sono perfetti sulla carta ma pèrdono valore se trasportati in un ambiente interamente sonoro, ho concepito un nuovo gioco che ho chiamato SONIS.

Zoroastro & Bea

La prima caratteristica del sonis è sicuramente quella di poter sfruttare chiavi che difficilmente potrebbero essere rese su carta: suoni, rumori, voci stentoree, alte o basse, deboli o forti, ‘r’ moscia, sussurri, grida e quant’altro. Così è nato il primo gioco: si sente la voce di un uomo che parla con voce roca e dice qualcosa del tipo “Buongiorno a tutti. Il mio nome è Padre Bruno e da oggi condurrò questo spazio radiofonico al posto del vecchio conduttore che, come sapete, è stato condannato e incarcerato per evasione fiscale e possesso di droga”. La soluzione è sono roco retto = sonoro coretto. Come si può notare, la chiave roco è suggerita dal modo di parlare del protagonista del sonis e ciò permette di focalizzare l’intero dialogo sulla chiave retto.

In questo primo esempio si vede subito la più grande limitazione del gioco: i grafemi. È difficile inserire i grafemi in un sonis: come si mettono i grafemi? E, soprattutto, dove? Senza contare il rischio che il solutore non distingua sempre con sicurezza la differenza tra B e P, tra D e T o tra M ed N. L’idea è, quindi, che il sonis sia sempre ‘degrafemato’ (mi sia consentito il neologismo per indicare l’assenza di grafemi; per i rebus, si parla di rebus muto ma, come mi è stato fatto notare, un sonis muto è un ossimoro). Questa limitazione è molto forte perché un gioco degrafemato, pur essendo più elegante, è sempre più difficile da creare e molte chiavi capolavoro che magari richiederebbero solo un grafema per essere realizzate devono essere scartate.

Un’altra potenzialità per il sonis è l’uso di lingue e dialetti. Nei rebus per indicare la parola ‘sardo’ si usa il trucco delle carte d’identità con la scritta ‘NATO A: Sassari’. In un gioco radiofonico, invece, la parola ‘sardo’ può essere resa con l’accento del protagonista, in modo da non necessitare di ulteriori parole o spiegazioni. La stessa cosa vale per ‘Messico’, per ‘torinese’ e così via. È ovvio che tali accenti sono degli stereotipi, ma il loro uso è paragonabile a quello di certa iconografia rebussistica ormai invalsa da anni sulle nostre pagine. Nel rebus classico, infatti, tutti i tipi loschi indossano cappello nero e impermeabile con il bavero alzato, tutti i bambini che mentono nascondono una fetta di torta dietro la schiena e fanno “no” col dito ed Eva sembra abbia passato la sua intera esistenza accanto al famoso melo con un frutto in mano. Sono ovvi cliché, ma sono funzionali e servono a rendere riconoscibili situazioni o persone nel modo più semplice ed elegante possibile.

Un’ultima potenzialità da sfruttare è la lettura fonetica delle parole. In un gioco “su carta” la lettura fonetica risulta forzata (molti sono stati gli esempi nel corso degli anni), ma in un gioco basato interamente sull’audio è la chiave mi ami, vice? = “Miami Vice” a diventare estremamente macchinosa. Invece un gioco come il seguente, in cui un presentatore dice qualcosa del tipo: “Gentilissimi signori, buonasera! Benvenuti a questo spettacolo, organizzato dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri, dedicato ai più altri gradi dell’Esercito. Questa sera con noi ci saranno molti ospiti e con alcuni di loro ricorderemo grandi eroi del passato come Alberto La Marmora e Ulysses Grant...”, e che suona “show” per i generali = scioperi generali, suona (è proprio il caso di dirlo) decisamente naturale.

È chiaro che queste caratteristiche possono essere combinate tra loro. Si può pensare ad un sonis in cui si sente un signore che legge i numeri inglesi dall’uno al cinque pronunciando marcatamente male il numero quattro, e che si risolve con legge “four” male = legge formale. In questo caso una chiave difficilmente rendibile su carta come il pronunciare male una parola si combina con la lettura fonetica della parola four.

Le potenzialità del gioco sono molte. Innanzitutto la relativa facilità di creazione dell’esposto di un sonis. Bastano, infatti, un computer ed un microfono o addirittura un semplice registratore a cassette. È chiaro che se il sonis è realizzato come file mp3, questo può essere inserito in internet dove può venir facilmente scaricato dal solutore e inserito in un i-pod (o una struttura analoga) per essere portato (e risolto) in giro.

Inoltre il sonis potrebbe favorire l’avvicinamento e la collaborazione tra gli enigmisti. Infatti è chiaro che un sonis come a Roma dà Nietzsche = aroma d’anice perde di bellezza e di risolubilità se viene interpretato da un bolognese, un genovese o un palermitano. Ecco quindi che l’enigmista non romano invia una piccola sceneggiatura ad un enigmista romano e sarà quest’ultimo a realizzare materialmente l’esposto (magari correggendo il romano incerto dell’autore). Addirittura si potrà approfittare di congressi, convegni e raduni per registrare sonis in cui si richiedono più persone o più dialetti e così via.

Al Congresso di Casciana Terme ho presentato il gioco agli enigmisti e i suggerimenti sono stati moltissimi. In particolare ci sono state varie proposte per risolvere il problema dei grafemi e voglio rendere conto di due in particolare. La prima prevede una voce metallica (magari creata da un computer) che pronunci i grafemi nei punti più adatti del sonis. Questo interromperebbe un po’ la fluidità del gioco ma non permetterebbe i fraintendimenti che ho paventato nell’articolo (T per D, B per P e così via). La seconda proposta prevede di inserire i grafemi nel diagramma numerico (che, in caso di file mp3 potrebbe essere inserito tra le ‘proprietà’ del file stesso). Questo lascerebbe l’esposto pulito ed eviterebbe i suddetti fastidiosi fraintendimenti.

Un altro suggerimento, a cui avevo pensato e che non ho ancora approfondito (ma lo farò molto presto), è quello di usare non solo voci e rumori ma anche musiche riconoscibili. Per esempio le prime note della Quinta di Beethoven (magari per la chiave quinta) o qualche passaggio di una canzone di Tiziano Ferro (magari per la chiave ferro).

A breve inserirò in internet alcuni esempi, magari in una pagina creata appositamente, in cui si potrà sperimentare il gioco e provare le varianti. Se volete proseguire il discorso, scrivetemi pure all’indirizzo alanviez@inwind.it o continuate a seguire il Leonardo.

Alan

Un ringraziamento a tutti gli enigmisti che mi hanno sostenuto, che mi hanno consigliato e che a Casciana hanno dimostrato interesse per il sonis. Sono troppi per citarli tutti per nome, ma posso assicurare che sono stati tutti importanti per la realizzazione del gioco.

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