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4. CHIAVE. La chiave è l'elemento da indovinare per pervenire alla soluzione del rebus è cioè il "meccanismo" che porta alla frase risolutiva.

Un rebus può essere imperniato su una sola chiave (ciò avviene per lo più nei rebus "dinamici") o su più chiavi, cosa che si verifica più spesso nei rebus "statici". Vi sono poi giochi in cui compaiono sia chiavi di denominazione sia chiavi di relazione. Questo tipo di rebus è attualmente piuttosto screditato. In effetti, non è elegante riunire nello stesso gioco i due tipi di chiave anche se, rifiutando tassativamente tale "ibrido", dovremmo considerare "out" dei veri e propri capolavori (per esempio: OC corre e saltare teorie steso LI deve; re A; micie ZIE = Occorre esaltare le oneste, solide, vere amicizie di Piero Bartezzaghi, S. E., 9-1960) o rebus brillantemente classificatisi in prestigiosi concorsi, come lumi LE; colpo cosacco N tenta = L'umile col poco s'ac contenta di Massimo Mancini del 1978. Comunque, è bene ribadire che, di massima, dovrà essere evitata la compresenza di chiavi statiche e dinamiche.

La chiave non deve presentare a tutti i costi il requisito della novità assoluta: chiavi già sfruttate hanno pieno diritto di cittadinanza nei nostri giochi: chi si sognerebbe di vietare l'accesso a quei veri e propri "passepartout" che sono gli avi, i peri, i nani quando si prestano a formare frasi risolutive nuove? Diverso è il discorso per quelle chiavi più corpose che servono a comporre, in frase, sempre la stessa parola e che il
rebussista accorto dovrà usare con sempre maggiore circospezione. Dagli ormai inflazionati "signora = s'ignora", "dichiarazione = di chi à razione" o "contadinotte - conta di notte" dovrà tenersi addirittura alla larga, tranne che non abbia escogitato qual cosa di grosso, naturalmente.

Recentemente è valso poi l'uso di impiegare, come chiavi, congiuntivi esortativi o locuzioni ottative che esprimono una sorta di partecipazione dell'autore alle vicende dei personaggi raffigurati ("LaB à R: badino E = La barba di Noè"; G abbiano: F è rito = Gabbiano ferito").

Noi crediamo che, al di là della novità — che però, in quanto tale dovrebbe esaurire rapidamente la sua carica di interesse - non ci sia molto da apprezzare in queste trovate, vista la notevole facilità con cui possono essere immaginate situazioni che giustifichino l'uso del congiuntivo esortativo. Naturalmente, saranno considerate più pregevoli le chiavi in cui, all'uso del congiuntivo sì accompagni la definizione di qualche altro elemento (es: diano pane, stiano fermi, ecc). Tale tipo di chiave ci sembra infine più apprezzabile quando sia applicata ad un supporto iconico precostituito, quando, cioè, la situazione non possa essere "comodamente" inventata dall’autore. E' indubbio, poi, che una chiave lunga e ben articolata sarà sempre migliore di una corta e banale, come avrebbe detto anche La Palisse. Tuttavia occorre dire che non sempre "lunghezza fa bellezza". Una chiave come "indù stria le case a Rio" che dà "Industriale caseario", sarà pure lunga e non bisognosa di "affissi" ma, per l'usura dei suoi elementi e l'improbabilità della scena non potrà essere applaudita se non come bizzarra, mentre lo stesso non si può dire, naturalmente, di una chiave altrettanto lun ga ma ben altrimenti ispirata come l'arcinota "auto rivali di Matra scura TI = Autorivalidi ma trascurati", data la quasi miracolosa attinenza dei termini che la compongono.

Dal punto di vista, infine, del rapporto autore-solutore occorre sempre che il rebussista abbia presente la destinazione dei suoi giochi e che, pertanto, eviti la chiave cervellotica, arbitraria, forzata, inutilmente contorna o che risulti in qualche modo sleale nei confronti del solutore. Ma questa, forse, è la questione più controversa dell'attuale dibattito rebussistico, ma un suo approfondimento, che una volta o l'altra dovrà pur farsi, esula dagli scopi di questo scritto.

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