dalle Memorie di Long Reb
a la tempesta era
in agguato. Una maledetta tempesta come non se ne vedevano da anni, con
cavalloni alti fino alla coffa di Faber Allex, il mezzo-mozzo raccolto
naufrago un mese prima su una perduta isola del Mediterraneo (Sardonia,
Ardegna, chi si ricorda più?).
“Ce’ ccakkje ste’ a s-ccèd?”,
urlò Long
Reb, affacciandosi maldestramente dalla cambusa, dalla quale era di colpo
scomparsa anche tutta la serie-Matrioska delle confezioni di maionese
Calvè.
Ma non ebbe il tempo di formulare la domanda successiva (“Ce’ d’è, ‘stu
casèin?") che un maroso lo scagliò contro l’albero
di trinchetto, abbattendolo di schianto (l’albero).
Il nostromo
aveva un bell’urlare “Cazzate! Cazzate!”:
l’Enigma si stava pericolosamente inclinando su un lato e non
c’era
prima lettura che sembrava poterla salvare da sicuro naufragio…
Long
Reb
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dal Diario di Bordo dell’Enigma
a eravamo nati sotto una buona stella (lo dissi anche a Long Reb, prima
che a Port au Prince lo portassero via). Riparammo fortunosamente nella
Baia dei gabbiani e lì il cuoco diede prova di tutta la sua abilità culinaria.
Fu
una cena indimenticabile, seguita da un’altrettanto indimenticabile
partita a Scarabeus. Gin l’aveva comprato nella vecchia Kapit
6 e da allora tutte le sere la ciurma
giocava. Una delle tesserine avrebbe dovuto avere uno scarabeo invece
di una lettera, ma io avevo
messo
uno
stercorario vero nel sacchetto per fare inkazzare Mary. Ci fu una lite
tremenda: il fatto è che quando l’avevo baciata prima
di sedermi a tavola avevo sentito come un forte aroma di meringa esalare
dai suoi capelli. “Sai di meringa” le avevo detto, acida.
Lei mi aveva guardata con aria innocente, mentre Long Reb si era portato
rapidamente fuori tiro. Allora misi sul tavolo Ravi e Thelonius, la
mia coppia di Potosie speciosissime 7 domestiche. Mary strattonò il
guinzaglietto borchiato e strappò un’elitra a Ravi. Io
mi avventai su di lei e le strappai il top di paillettes. La ciurma,
avvezza
alle nostre risse, non si scompose più di tanto.
Long Reb portò su
la bavarese di mango al rhum e questo ci calmò immediatamente.
La bavarese era così buona che quando il cuoco cercò di
piazzare sul tabellone parole gergali in ruvish non contemplate dal
Webster Definitive Hip-Hop Dictionary lo lasciammo perfino fare.
Gin fece un buon punteggio con “cialtrone” e il mozzo se
la cavò con “perizoma”. Mary sparò un “Ligabue” ma
fu sommersa da una bordata di fischi perché i nomi propri non
erano ammessi. Allora propose “olometabolo” ma la annientai
con “Zerynthia 8”.
La Croce del Sud splendeva sopra di noi,
gli squali ronzavano sotto di noi. L’aria d’agosto era
calda, e il canto sommesso di Gollio incatenato all’albero di
trinchetto ci avvolgeva come un velaccio di prua.
Navigammo per circa
un mese, quando Long Reb, esaurita la scorta di meringa e abbisognando
di inamidare lo jabot, chiese ed ottenne che
venissero
gettate le ancore nel porto di Kota Kinabalu. Mary ed io stavamo pensando
di fare un salto da Flori-Satori per un nuovo tattoo (io una dorifora
della patata e lei una patata, nel più puro stile Bauhaus),
quando, alla locanda dell’Ammiraglio Bear, mentre spalmavamo
di marmellata di perle di Labuan le nostre tartine, vedemmo entrare
Lord Alois Applet, 9 fedele servitore di Sua Maestà la Regina. Al suo fianco, con
una genziana di Koch 10 all’occhiello, c’era l’ex amante
di Mary: il Conte Oswald 11 Alpenliebe…
Anne Bonney
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