Giornate di fervori
di apparenti comunioni d'intenti,
mucchietti di versi servili
raccolti negli angoli.
Si capisce poco nelle parole
biascicate, nelle beghe petulanti,
nelle funzioni pietose.
In sgranate sequele
ringraziamenti interessati.
Icone che giganteggiano
promettono ogni ben di Dio.
Si ammicca verso l'alto
per liberare coscienze distratte
nella sacralità di una cabina
e si crede al responso del voto.
Falso, tutto è così falso:
un abbacinante luccichio
di ostentati valori inanellati
e contrabbandati per l'occasione.
Sassi gettati nello stagno
per ingannare ancora per un lustro.
Lo zecchino di Pinocchio
è pronto per i compari della festa.
Nei semplici c'è invece il disgusto
per questa impellenza vacua:
si sente necessità di gioia vera,
di scabra limpidezza.
Un desiderio privo di sfaccettature
di scagliare la verità imprigionata
nella forza preziosa di un pugno.